Il Tribunale di Ferrara "salva" l'educatrice licenziata per maltrattamenti. Insufficienti i riscontri dalle testimonianze dei familiari, suggestionati e allarmati dai contatti via chat su WhatsApp
di Lucia Izzo - Dalle dichiarazioni di una bambina, che racconta di aver subito maltrattamenti, origina un clima di crescente diffidenza nei confronti dell'educatrice del micronido. Perplessità che i genitori condividono con le famiglie dei suoi compagni di classe, per cercare riscontri e comunanze, conferme o smentite.
Dalle testimonianze dei genitori emergono, infatti, dinamiche caratterizzate da suggestioni capaci di deformare la realtà dei fatti. Inoltre, la vicenda non è stata gestita al meglio dalla parte datoriale e non ha consentito di svolgere investigazioni efficaci circa le condotte di cui la dipendente era sospettata.
Analizzando l'addebito, il Tribunale evidenzia come esso non si fondi su un'attività istruttoria circa l'operato della lavoratrice, bensì esclusivamente su fatti riferiti dalla bambina di poco più di due anni ai propri familiari i quali, a loro volta, li hanno poi riferiti alla scuola unitamente alla descrizione di alcuni comportamenti della minore ritenuti da loro sintomatici di condotte inappropriate tenute all'interno della scuola dall'educatrice.
Tali fatti, secondo il magistrato, risultano privi di qualsiasi riscontro oggettivo. La donna, che aveva sempre negato ogni addebito, non era alla sua prima esperienza come educatrice nelle scuole dell'infanzia private (compresa quella da cui è stata poi licenziata), e mai aveva dato adito ad alcun dubbio o sospetto in ordine al suo comportamento professionale. Addirittura, alcuni genitori avevano iscritto i propri piccoli presso il micronido proprio per affidarli a lei, con cui si erano trovati bene in una precedente struttura.
La correttezza del comportamento dell'educatrice e l'assenza di ulteriori segnalazioni nei suoi confronti sono confermate anche dalle colleghe e dalla psicologa dell'età evolutiva, sentita quale testimone, che aveva svolto un'attività di osservazione circa le "dinamiche di come si muovevano i bambini in presenza di questa educatrice", senza riscontrare nulla di anomalo.
Anche il procedimento penale a suo carico si era concluso con una piena assoluzione. Il magistrato evidenzia come l'onda accusatoria contro l'educatrice era sorta a seguito delle dichiarazioni di alcuni genitori e come, da quel momento, le famiglie dei bambini avevano iniziato a ricondurre episodi di irascibilità, stress e piccole regressioni al comportamento dell'educatrice.
Le percezioni, inizialmente semplici sospetti, si erano poi tradotte in esplicite segnalazioni e nella decisione successiva di presentare esposti e ritirare i figli dalla struttura.
E nello svolgimento dell'istruttoria aveva iniziato a farsi largo l'ipotesi che, nel gruppo dei genitori, qualcuno avesse avuto la tendenza a drammatizzare o esagerare dinamiche che magari possono rientrare anche nella normalità di una struttura come l'asilo nido.
Secondo il magistrato, non può escludersi che si sia "innescato un fenomeno suggestivo ed auto-suggestivo tale per cui eventuali atteggiamenti di rigidità e severità dell'educatrice o di antipatia di alcuni bambini verso l'educatrice si siano venuti a trasformare in veri e propri maltrattamenti, sino al punto che, a seguito della sospensione dal servizio della dipendente, sono scattate a catena le allarmate denunce in Questura".
Ancora, "è all'interno di questa dinamica progressiva, in cui si sono innestate inevitabilmente anche componenti di suggestione, che si deve affermare l'oggettiva insufficienza di riscontri desumibili da tali testimonianze".
La titolare, a seguito delle lamentele dei genitori per comportamenti inappropriati, si era subito attivata promuovendo un confronto tra i costoro e l'educatrice e allertando la psicologa. Tuttavia, informando subito l'educatrice dei sospetti nutriti dai coniugi, ha di fatto ostacolato la possibilità di svolgere una successiva efficace attività investigativa volta ad acquisire riscontri circa le gravi condotte di cui ella era sospettata.
La stessa attività di osservazione svolta dalla psicologa infantile non poteva condurre ad alcun risultato significativo, dal momento che essa è stata espletata quando la era già stata avvertita dei sospetti e delle preoccupazioni dei genitori.
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